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Riportiamo un’intervista di Massimo Bonelli, responsabile della promozione della CNI, etichetta indipendente.  Condividiamo perfettamente la sua analisi attuale  della situazione discografica generale, e consigliamo a tutti  di  leggerla, anche per smettere di essere influenzati da tutte le baggianate che  si  dicono in giro, ascoltando frottole attraverso le radio-tv, la stampa e tutti i media che propongono solo musica di plastica e reality show.

Lo Staff di ISI

Intervista a Massimo Bonelli:
In un periodo in cui è difficile avere un quadro chiaro del mercato discografico crescono e si sviluppano tante etichette indipendenti come la CNI (Compagnie Nuova Indie) già scopritrice dei Sud Sound System e degli Almamegretta. Qual’è la scena indipendente italiana?

Definire la scena indipendente italiana in termini generali non è facile…in quanto indipendente ha mille sfaccettature spesso difficili da comprendere e definire a fondo. Quello che mi sento di dire a riguardo è che il livello medio delle produzioni indipendenti nazionali è in forte crescita, soprattutto nell’ultimo periodo.
L’unico difetto che continuiamo a portarci dietro è il continuo desiderio di emulare sonorità e linguaggi per lo più anglosassoni che non appartengono alla nostra cultura millenaria. credo che questo sia ancora un forte retaggio/difetto di molte cose che si producono oggi in italia, a tutti i livelli (major, indipendenti, autoproduzioni, ecc.)

Come lavorarno “gli indipendenti? Voi siete anche ditribuzione, avete un rapporto più territoriale con le diverse realtà?

A tal proposito non mi sento di giudicare o valutare il lavoro delle altre realtà indipendenti, ma, parlando della CNI Music, credo di poter affermare che riusciamo sempre più a curare nel dettaglio alcuni aspetti (promozionali e distributivi) delle nostre produzioni. Con la crisi degli ultimi anni, per una realtà solida e storica come la CNI (quasi da 20 anni sul mercato) è paradossalmente diventato più facile essere visibile e credibile in tutti gli ambiti. Noi riusciamo a distribuire sul territorio nazionale tutte le nostre produzioni, potendo anche calibrare la presenza dei nostri artisti rispetto al genere che propongono, riuscendo quindi a posizionarli negli ambiti che più gli si addicono.

Si parla tanto di crisi discografica ma in realtà i pubblici aumentano e si differenziano, ed è proprio la scena indipendente e underground ad avere la meglio…ma allora la crisi dove è?

La crisi che stiamo vivendo è figlia dei tanti errori fatti su più fronti negli anni passati dalle grandi società che hanno gestito il mercato e dettato tempi, supporti utilizzati e modalità di fruizione della musica. La crisi del disco, legata secondo me fortemente e principalmente alla svalutazione dell’ “oggetto CD” e molto meno al downloading illegale, continua ad imperversare e lo farà ancora per un bel pò di tempo. Quel che invece non muore con la crisi è la forza della musica e il suo valore sempre crescente e presente nella vita di tutti i giorni. La musica indipendente, in particolare, ha la forza o quanto meno l’ambizione di raccontare cose nuove, cose diverse da quelle già sentite migliaia di volte…può avere la forza di appassionare attraverso nuovi linguaggi coloro che amano la musica e non riescono ad accontentarsi dei soliti ritornelli patinati, dei suoni di plastica e della retorica comunicativa della gran parte della musica pop che le major, con la complicità di alcune radio/tv e dei loro rispettivi gruppi di potere, continuano a propinarci convinte che la gente continuerà a comperare meccanicamente quel che viene trasmesso.

In una moltitudine di pubblici differenti e magari appassionati di singoli generi si accosta una moltitudine di proposte estremamente differenti tra loro…qual’è il vostro metro di valutazione?

Il nostro metro di valutazione è certamente “l’originalità”, la capacità di trasmettere un “se stesso” in qualche modo unico nel panorama musicale nazionale e non solo. A tal proposito crediamo che ci sia anche da costruire una cultura a riguardo, visto che ovunque e continuamente, sembra passare il concetto che per fare successo bisogna assomigliare a qualcuno, cantare come qualcuno o comunque produrre musica che faccia riferimento ad altre cose già prodotte che abbiano già riscosso successo per (si dice) “guadagnare quella fetta di mercato”.

>E quindi quali sono le prime 3 cose che analizza di un artista?

..bhè, prima della tecnica e delle capacità vocali o scenografiche, inevitabilmente guarderò alla “personalità” dell’artista.

Vuoi dare quache consiglio ai musicisti che stanno leggendo questo articolo?

Di seguire la propria strada senza tenere troppo in considerazione i pareri che hanno ascoltato e ascolteranno in futuro (anche da me).
I grandi artisti in genere nascono come dei “diversi” e difficilmente vengono compresi immediatamente…seguire la propria indole conta più che cercare di “customizzarsi” a quel che vorrebbe il pubblico.

per contatti, Massimo Bonelli: promozione@cnimusic.it

www.cnimusic.it




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